Giuliano Fiorini, eroe rossoblù e biancoceleste
Il 9 febbraio 1975 il Petisso promuove in prima squadra un altro ragazzino, dopo i felicissimi esiti di Pecci: contro la Fiorentina è il turno di Giuliano Fiorini, 17 anni appena e una precoce fama di talento allo stato puro.
Criniera al vento, subentra a Landini e si invola sulla fascia destra, per calibrare dal fondo un cross a mezza altezza ideale per il genio acrobatico di Savoldi, che infatti castiga. Non ci poteva essere inizio migliore. Il primo gol di Giuliano arriva nella tranquilla ultima giornata di campionato col Cesena, poi il ragazzo cresce acquisendo esperienza in provincia, con i prestiti per farlo maturare a Rimini, Brescia, Foggia e Piacenza, sempre con validi numeri, fra B e C. Capocannoniere della terza serie con 21 gol al Piacenza '79-'80, torna a casa in estate durante il corposo repulisti di Fabbretti. Radice inizialmente lo considera prima alternativa al gran duo Eneas-Garritano, poi il Fiore emerge in tutta la sua forza ed entusiasmo contemporaneamente alla saudade invernale del brasiliano, diventando uno dei protagonisti di quella cavalcata ricordata a ragione fra le più belle del secondo mezzo secolo di vita del Bologna.
Giuliano, centravanti romantico, chioma lussureggiante, spalle larghe, trascinante connubio di generosità e potenza, ama i duelli, fa innamorare di sè il Comunale, incarna alla perfezione lo spirito sfrontato di quella squadra così bella. Segna al Napoli, si ripete con la Fiorentina, poi in primavera ad Ascoli e Pistoia, su rigore contro la Juventus, nella battaglia di Catanzaro. La regia lucidissima di Dossena e la concretezza di Colomba completano con Paris un centrocampo clamoroso, e i benefici per il reparto d'attacco sono visibili. Il Bologna di Fiorini, sempre splendido nel ricevere palla spalle alla porta, per poi difenderla, girarsi all'improvviso e scaricare una bordata, chiude al 7° posto nel calore ritrovato della sua gente, che riscopre sopite ambizioni e giustamente sogna, salvo poi svegliarsi bruscamente la stagione successiva, terminata con l'onta di un'inattesa retrocessione.
Fiore si batte, si danna l'anima, e come sempre è l'ultimo a mollare: dopo un'andata complicata, lo rilancia Liguori, e ritrovato il posto da titolare timbra subito in casa contro la Roma ed è il migliore in campo con la Juventus, illudendo l'ambiente di potercela fare ancora una volta, di "sfangarla" alle decisive curve del campionato. Trascina i rossoblù fino all'ultimo sospiro, con la doppietta all'Inter – cui aveva già segnato all'andata a San Siro – in maggio, ed è a Fiore, oltre che al gioiello Mancini esploso come una benedizione, che le speranze dei tifosi si rivolgono. Dopo l'infausta domenica di Ascoli passa al Genoa, poi una parentesi a San Benedetto e dal 1985 è alla Lazio, in B.
Simbolo come sempre di combattitività, di genio e sregolatezza, in prima persona affronta il fardello dei 9 punti di penalità comminati ai biancocelesti, lasciando un segno in particolare che è diventato patrimonio collettivo del popolo laziale: il 21 giugno 1987, con la squadra disastrata e a un passo dal baratro, firma uno storico gol di punta quasi in spaccata contro il Vicenza che permette ai capitolini di accedere agli spareggi salvezza per evitare la Serie C. Preserva così la Lazio da un probabilissimo fallimento societario oltre che tecnico, con quella corsa in lacrime sotto la curva a 7 minuti dalla retrocessione. Finita la partita rimane in mutande, i tifosi gli hanno portato via tutto. Bologna e Lazio ricordano quel bellissimo sorriso e i suoi occhi, profondissimi. Giuliano è nell'Olimpo degli eroi rossoblù e biancocelesti dal 5 agosto 2005.