giovedì 14 Luglio 2016 - h 16:15

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Gli ungheresi del Bologna, da Koch a Nagy

Ottavo magiaro della storia del nostro club, Nagy si veste di rossoblù a distanza di 24 anni da Lajos Detari, ultimo suo connazionale a militare nel Bologna. Rifinitore di eccezionali doti tecniche, fuoriclasse amatissimo dalla generazione di tifosi immediatamente precedente alla attuale, spirito sregolato e indolenza agonistica ne limitarono però il rendimento a dispetto delle straordinarie qualità: nonostante le perle indimenticabili di Lajos, ad esempio contro Brescia, Bari e Lucchese, il suo Bologna non riuscì ad evitare la dolorosissima retrocessione del 1991 e l’anonima annata seguente in B, prima della cessione all’Ancona.

Autentica dinamite nel piede destro era la potenza di Stefano Mike Mayer, il poderoso centravanti che poi grazie ad una felice intuizione di Cargnelli prese il posto di Biavati all’ala ed esplose come implacabile marcatore rossoblù a cavallo fra gli anni Quaranta e Cinquanta. 53 reti in 116 presenze il suo bottino definitivo, con il record di marcature multiple della storia del Bologna ancora vigente, la cinquina al Livorno nel 6-2 del campionato 1948-49.

In quelle stesse stagioni dal Ferencvaros arrivò a Bologna l’esterno Willy Sipos, senza però lasciare tracce indelebili; decisamente più felice la permanenza bolognese del suo sodale Bela Sarosi, grande fulcro arretrato della manovra, nazionale ungherese, tre stagioni con noi nell’immediato dopoguerra. Vent’anni prima erano approdati in rossoblù, subito dopo la vittoria del primo scudetto, i magiari Klaus Urik e Lajos Weber, attaccante e mediano rispettivamente, costretti però ben presto a fare ritorno in patria in seguito all’approvazione della Carta di Viareggio, il provvedimento autarchico del calcio italiano adottato nel 1926.

A ritroso nel tempo, si risale agli albori del nostro club per incontrare Daniel Koch, il primo portiere della storia del Bologna, un ragazzone ungherese che studiava nella nostra città a inizio secolo e che difese i pali contro la Sempre Avanti e la Virtus Bologna, il 20 marzo del 1910. Erano le prime due gare ufficiali su 3668, e quel giorno vincemmo il Campionato Emiliano.

Fra gli allenatori, a più riprese guidò prima squadra e formazioni giovanili Gyula Lelovich, grande maestro danubiano che firmò il primo titolo internazionale del Bologna e di un club italiano, ossia la Coppa Europa Centrale del 1932. Scritturare allenatori di quella zona d’Europa era abbastanza prassi in quegli anni, e fra i grandi istruttori di tecnica e di tattica che iniziarono a dare professionalità e metodo alle squadre della nostra Serie A approdarono in rossoblù anche Lajos Kovacs, Jozsef Viola e Jozsef Nagy, omonimo del nostro nuovo centrocampista. Una parentesi sulla panchina bolognese la visse anche Gyorgy Sarosi, fratello maggiore del già citato Bela, chiamato da Dall’Ara a risollevare una situazione tecnica non semplice nel 1957. Ma il più importante senza dubbio, per quanto ha lasciato al Bologna e per la tragica vicenda personale, fu Arpad Weisz, fine psicologo, abile nella gestione degli uomini e nella lettura delle partite, autorevole ed esperto. Suo fu il Bologna più forte di ogni epoca, lo squadrone formidabile che vinse gli scudetti del 1936 e del 1937 e il Torneo dell’Esposizione di Parigi.

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