Marina Donato Mantoni: “Corrado, il Bologna e don Biavati…”
Di solito andava così: televisore in bianco e nero che dominava maestoso il salotto buono. Dentro, la faccia sorniona di Corrado Mantoni, che per tutti era semplicemente Corrado. Una domenica pomeriggio qualsiasi, fine anni Settanta. Domenica In. Se eri un bambino, e magari tifoso rossoblù, a un certo punto, immancabile, sentivi una voce da dietro, quella di uno zio, di un nonno o di chissà chi: “Ma lo sapete che Corrado è un gran tifoso del Bologna?”. Sì, lo sappiamo. Lo sappiamo da sempre, tanto che ogni volta che si compila la lista dei tifosi celebri, Corrado è sempre lì, al primo posto.
Ma come succede che uno dei padri fondatori della nostra televisione, nato a Roma da genitori marchigiani, nessun legame di famiglia con la nostra città, diventi tifoso del Bologna? Ce lo racconta Marina Donato Mantoni, produttrice e autrice televisiva, moglie e compagna di sempre di Corrado: “A un certo punto glielo chiesi anch’io, perché la sua era una passione vera, amava i vostri colori e la vostra bella città. Ma lo sa chi era il suo barbiere di fiducia?”.
No, ma dev’essere una sorpresa…
“Il Sultano, a Bologna vicino alla stazione”.
Quindi Corrado da Roma veniva ogni volta a tagliarsi i capelli a Bologna…
“So che può sembrare strano ma è così. Consideri che, a parte gli impegni televisivi, Corrado era continuamente in giro per l’Italia a fare spettacoli. Non prendeva mai l’aereo e quindi era sempre in macchina. In un modo o nell’altro trovava la maniera di passare da Bologna. Per il barbiere sì, ma soprattutto per respirare il profumo di una città che gli apriva il cuore”.
E allora bisogna proprio spiegare…
“Siamo a Roma, tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta. Corrado, che era del ’24, frequentava il liceo Mamiani. E in quell’istituto insegnava don Cadmo Biavati. Le dice niente?”.
Beh, quel cognome ai bolognesi dice tanto…
“Il grande Amedeo si era laureato campione del Mondo nel 1938. E don Cadmo era suo cugino”.
Non un cugino qualsiasi, come si evince da una breve ricerca: nato a Budrio nel 1912 da Alfredo Biavati (lo zio di Amedeo) e Angiolina Zerbini, a soli dodici anni era stato spedito a Genzano per portare a termine gli studi ginnasiali e il noviziato. Ordinato sacerdote nel 1936, insegnò nei licei della Capitale, prima di fondare e dirigere nel 1947 il Borgo Ragazzi di Don Bosco per aiutare gli orfani di guerra. Un’opera meritoria che ancora oggi gli vale perpetua memoria sia a Budrio (dove gli è stato intitolato l’asilo nido comunale) sia a Roma (dove l’amministrazione gli ha dedicato un parco pubblico).
“Ecco, tra i suoi meriti, se mi passate la battuta, c’è anche quello di aver “contagiato” Corrado col tifo rossoblù… Fu durante quegli anni al Mamiani, ascoltando i racconti di don Biavati, che si innamorò del Bologna”.
Ma che tifoso era Corrado?
“Non andava allo stadio, un po’ per gli impegni di lavoro un po’ per la sua proverbiale pigrizia: quando non lavorava se ne stava a casa in famiglia. Però trepidava sempre seguendo il Bologna alla radio o in tv. Ricordo che alla fine degli anni Settanta invitò in studio a Domenica In tutta la squadra. Per non parlare di quella volta con Berlusconi…”.
Cosa c’entra Berlusconi col Bologna?
“Niente, è proprio questo il problema. Un bel giorno Berlusconi regala a Corrado un prezioso orologio con lo stemma del Milan. Corrado lo guarda e ringrazia: “E’ bellissimo”. “Le piace davvero?” dice il Cavaliere. E qui bisogna immaginarsi la faccia di Corrado, che solleva lo sguardo dal quadrante e ribatte con quell’espressione indecifrabile: “Come no. Se lo guardi da lontano sembra lo stemma del Bologna…”.
Circondato da romanisti e laziali non doveva avere vita facile…
“Ma no, anzi. Mi diceva sempre che la sua passione risaputa per il Bologna gli evitava di schierarsi nelle infinite dispute tra tifosi della Roma e della Lazio. Io so’ del Bologna – diceva – Lasciatemi in pace”.
E a lei non ha attaccato la passione per i nostri colori?
“Io non seguo molto il calcio. Ma le posso dire una cosa: quando Corrado morì, nel 1999, il Bologna mi mandò una maglia rossoblù con su scritto “Corrado” e il numero 10. L’ho a lungo conservata con affetto, prima di regalarla a Roberto, il figlio di Corrado. Sa dov’è oggi quella maglia? Incorniciata e appesa nella camera di Lorenzo, figlio di Roberto e nipote di Corrado. Un po’ come se l’amore per il Bologna si fosse tramandato di generazione in generazione”.