In semifinale il 10 luglio il Bologna incontra in casa il First Vienna. La partita viaggia sul filo dell’equilibrio, i rientranti Baldi e Schiavio non sono al meglio, i difensori rossoblù si sfiancano in un superlavoro, prima che Sansone in uno dei pochi contrattacchi trovi la via del gol; nella ripresa, quasi allo scadere, Maini colpisce ancora siglando un successo insperato per 2-0. Il 17 luglio a Vienna il campo è fangoso, gli uomini di casa potrebbero passare subito in vantaggio ma Blum fallisce un rigore accordato per un presunto fallo di Monzeglio. Al quarto d’ora arriva la beffa: gli austriaci battono a sorpresa una punizione dal limite mentre i rossoblù stanno piazzando la barriera e Schonwetter infila di testa. Il resto è difesa e contrattacco, la muraglia bolognese non si fa più superare e lo 0-1 significa passaporto per la finale.
Già, ma quale finale? Sull’altro versante del tabellone la Juventus in semifinale si è trovata di fronte lo Slavia Praga e la faccenda ha preso una brutta piega: invasioni di campo, decisioni arbitrali contestate, presunto lancio di oggetti contro i giocatori: nel match di ritorno i cecoslovacchi hanno abbandonato improvvisamente il campo, dopo che il portiere è crollato a terra colpito da qualcosa. Di fronte a episodi tanto eclatanti, il Comitato organizzatore si riunisce a Klagenfurt e assume una decisione clamorosa: punite entrambe le squadre, la finale non si disputa e la Coppa va d’ufficio al Bologna. Nella successiva riunione dell’11 settembre a Budapest viene respinto il reclamo dello Slavia e il Comitato d’appello conferma l’assegnazione della Coppa dell’Europa Centrale 1932 ai rossoblù. Per la prima volta una squadra italiana di club trionfa in una manifestazione internazionale.
17 luglio 1932, Semifinale, ritorno
Vienna, Hohe Warte Stadion
FIRST VIENNA-BOLOGNA 1-0
FIRST VIENNA: Horezchowsky; Rainer, Blum; Kaller, Hoffmann, Schmaus; Brosenbauer, Adelbrecht, Gschweidl, Tögel, Schönwetter.
BOLOGNA: Gianni; Monzeglio, Gasperi; Montesanto, Baldi, Martelli; Maini, Sansone, Schiavio, Fedullo, Reguzzoni.
MARCATORI: 16′ rig. Schonwetter
A Vienna scende in campo un Bologna che ha di nuovo Sansone in attacco, anche se questa volta Schiavio rinuncia sostituito da Spivach, attaccante friulano appena prelevato dal Padova e bravo a bagnare il debutto realizzando il gol che sblocca la partita. Reguzzoni raddoppia e sembra l’avvio di un trionfo, ma nella ripresa gli avversari si scatenano sciorinando spettacolo di alto livello: Gianni neutralizza un rigore, poi deve raccogliere ben tre palloni in fondo al sacco. Sul 3-2 finale i 50000 presenti applaudono freneticamente.
Appena quattro giorni e le due squadre si ritrovano al Littoriale: il 9 settembre, dopo l’apertura di Maini e il pareggio di Vogl, Carletto Reguzzoni – sostenuto dal ritorno di Schiavio – mette a segno una esaltante tripletta, con in mezzo un sigillo di Fedullo imbeccato dal centravanti. Il 5-1 conclusivo per il Bologna rispecchia una tale dimostrazione di superiorità che il grande Hugo Meisl, artefice del Wunderteam austriaco, commenta “Neppure giocando in 12 l’Admira potrebbe farcela…”. In campo il Bologna solleva per la seconda volta la Coppa dell’Europa Centrale: è l’unica squadra italiana capace di vincere fuori dai confini.
9 settembre 1934, Finale, ritorno
Bologna, Stadio Littoriale
BOLOGNA-ADMIRA VIENNA 5-1
BOLOGNA: Gianni, Monzeglio, Gasperi, Montesanto, Donati, Corsi, Maini, Sansone, Schiavio, Fedullo, Reguzzoni. All.: Kovacs.
ADMIRA: Platzer, Pavlicek, Janda, Urbanek, Homenberger, Mirsitschka, Vogl II, Durspekt, Stoiber, Hahnemann, Vogl I. All.: Meisl.
ARBITRO: Jewell (Inghilterra)
MARCATORI: 21′ Maini (B), 32′ rig. Vogl I (A), 33′ Reguzzoni (B), 39′ Reguzzoni (B), 40′ Reguzzoni (B), 44′ Fedullo (B).
Messo trionfalmente in bacheca il quarto scudetto, il Bologna può dedicarsi alla passerella europea per cui il previdente Dall’Ara ha pensato bene di garantirsi di nuovo i servigi di Schiavio: i rossoblù sono chiamati a onorare un invito particolarmente prestigioso, al Torneo internazionale di calcio organizzato nell’ambito dell’Esposizione di Parigi. In pratica un inedito Mondiale per club di grande eco e richiamo. Il 30 maggio 1937 il Bologna esordisce a Parigi con uno schieramento offensivo ad hoc, in cui Weisz utilizza Busoni decentrato in un tridente con Schiavio e Reguzzoni. L’esito è esplosivo, il 4-1 al Sochaux suggerisce commenti entusiastici agli osservatori, confermati dagli appuntamenti successivi: il 3 giugno a Lilla è perentorio il 2-0 allo Slavia Praga, grazie a una doppietta dello scatenato Busoni, finalmente libero dal “complesso di Schiavio” avendolo al proprio fianco.
Il 6 giugno è l’apoteosi allo stadio Colombes nella finale contro l’accreditato Chelsea, esponente del calcio dei maestri britannici e grande favorito della manifestazione. Con tre reti di Reguzzoni e l’ennesimo sigillo di Giovanni Busoni il Bologna vince 4-1 – pratica chiusa in mezz’ora -, è l’apice di una squadra che i commentatori giudicano perfetta: l’imbattibile Ceresoli tra i pali, la gagliardia fisica e la classe di Fiorini, il senso della posizione di Gasperi a chiudere una retroguardia formidabile negli esterni Montesanto e Corsi e già proiettata in avanti nel centrale Andreolo, un attacco che grazie alla tessitura degli assi Sansone e Fedullo libera facilmente al gol tre talenti puri come Busoni, Schiavio e Reguzzoni.
6 giugno 1937, Finale
Parigi, Stadio Colombes
BOLOGNA-CHELSEA 4-1
BOLOGNA: Ceresoli, Fiorini, Gasperi, Montesanto, Andreolo, Corsi, Busoni, Sansone, Schiavio, Fedullo, Reguzzoni. All.: Weisz.
CHELSEA: Jackson, Barkas, Barber, Mitchell, Craig, Weaver, Spence, Argue, Bambrick, Gibson, Reid. All.: Knigtin.
ARBITRO: Lequerrq (Francia).
MARCATORI: 14′ Reguzzoni (B), 20′ Busoni (B), 30′ Reguzzoni (B), 72′ Reguzzoni (B), 78′ Weaver (C).
Il Bologna si trova nuovamente ad incrociare i ferri per la finale di Lega Nord con il Genoa, ancora trionfatore dell’altro raggruppamento: con la partita del 24 maggio 1925 allo Sterlino si apre un capitolo controverso ed interminabile, destinato a protrarsi per due mesi e mezzo, nell’arco di cinque partite, per definire la squadra qualificata alla finale per lo scudetto con l’Alba Roma. Un autentico dramma in cinque atti, risolto il 9 agosto sul terreno della “Forza e coraggio” in zona Vigentino, all’estrema periferia di Milano, in pratica in aperta campagna. Il Bologna, che gioca in verde, passa in vantaggio grazie a una prodezza di Pozzi, poi la difesa petroniana si supera per fermare le veementi azioni genoane e all’ultimo minuto Perin incenerisce De Prà. Cala finalmente il sipario: scriviamo così la prima pagina del periodo d’oro della nostra storia, mentre si chiude quello del Genoa che resterà fermo a nove scudetti.
Resta la doppia finale per il titolo con l’Alba Roma vincitrice della Lega Sud ai danni dell’Anconitana. Il 16 agosto, in un caldo soffocante, allo Sterlino il Bologna di Felsner si impone con un larghissimo 4-0, replicando il successo con un 2-0 secco nella Capitale una settimana dopo, grazie ai gol di Della Valle e Giuseppe Rubini. Per la prima volta i rossoblù sono Campioni d’Italia.
Così si legge all’indomani sulle colonne del Resto del Carlino:
Il Bologna è Campione assoluto d’Italia. Davanti ad uno folla calcolata in diecimila persone gli uomini di Della Valle hanno battuto nell’ultima battaglia i biancoverdi campioni del Sud e si sono ufficialmente e definitivamente impossessati del massimo alloro confermando in pieno il pronostico della vigilia che indicava nei bolognesi i migliori ed i più degni di appendere alle loro casacche sportive lo scudetto dai colori d’Italia. Commentare la partita di ieri per quello che ha posto in luce, e voler su di essa impostare l’elogio del vincitore non ci pare cosa adatta perchè ci ricondurrebbe a constatazioni già fatte e che più di ogni ulteriore disanima bastano di per se stesse a valorizzare le consistenza della vittoria finale dei poderosi calciatori di Della Valle. I rosso-bleu bolognesi scesi tra noi col prestigio di squadra perfetta e con l’autorevolezza di chi, a soli otto giorni di distanza, si trova a dover combattere contro avversari già sconfitti in modo nettissimo, per scarto di punto e per effettiva differenza nella qualità e nella fattura del gioco, hanno ieri trovato nella bianco-verde squadra albina un undici, se in un certo senso convinto della sua inferiorità, niente affatto rassegnato a cedere a priori, niente affatto disposto a capitolare senza prima aver gettato nella mischia tutte le proprie facoltà atletiche e morali. Il Bologna ha vinto lo stesso. Ma ha dovuto impegnarsi più che non a Bologna, ha dovuto ricorrere ai segreti della tecnica, della volontà e delle classe per imprimere all’ultima battaglia il suo suggello da dominatore.
Calcoliamo una folla di dieci mila persone allo Stadio, lungo le grigie e infocate scalinate. Precisione matematica. Il Bologna entra per primo, applaudito, seguito subito dall’Alba, e alle 17 il match ha inizio. Le squadre scendono nella seguente formazione: Bologna: Gianni; Gasperi, Borgato; Pozzi, Baldi, Martelli; Rubini, Perin, Della Valle, Schiavio, Muzzioli. Alba: Zancanaro: Mattei, Corbions; Delle Fratte, Berti, Rovida; Lo Prete, Scioscia, Degni, Schrott, Ziroli. L’Alba ha la palla e vola all’attacco. Gasperi spezza la prima puntata bianco-verde, e manda ai suoi. Al primo minuto Della Valle commette un fallo per carica irregolare; ma i rosso-bleu tessono che è una meraviglia. Poi Scioscia ha la palla e Gianni para il tiro. Degni combina con Schrott una discesa, ma il passaggio a Ziroli trova questo in offside. Discesa rosso-bleu; i veltri bolognesi non intendon cedere terreno. Stazionano nell’area di rigore avversaria per parecchi minuti, finché Schiavio, con un tiro tagliente a fil di palo, manda fuori per poco. Poi è Mattei a rompere l’incanto. Baldi brilla in difesa, e rifornisce gli avanti. Al decimo minuto Zancanaro para un bolide di Martelli. Ziroli accarezza un po’ rudemente Pozzi; ma l’arbitro non ritiene opportuno espellerlo. Al 13° minuto un ottimo tiro di Schiavio. Si gioca fiaccamente fino al ventesimo minuto. Della Valle dribbla consecutivamente tre avversari, ma è arrestato da Corbions. Al 24° minuto primo goal bolognese. Su rimessa di Gianni, Rubini crossa preciso, Della Valle riprende, dribbla i backs avversari e segna. Zancanaro si getta in plongeon in ritardo. Gli albini sembrano svegliarsi. Ma Borgato e Gasperi spezzano le azioni di Degni e Scioscia. Poi, di nuovo all’attacco. Della Valle si fa cogliere due volte in netto offside. E la fine del primo tempo trova Berti che tira un bolide da venti metri, arrestato bene da Gianni.
La ripresa assume un tono di maggiore vivacità. Gli albini intessono temi che non concludono per precipitazione degli avanti. I rosso-bleu si trovano ancora per poco tempo all’attacco e poi debbono trattenere i focosi romani, che però non giungono mai a seriamente minacciare la rete di Gianni. Nei primi quindici minuti è da registrare una bella combinazione Della Valle-Perin, finita con un bolide di quest’ultimo, che Zancanaro para. All’undicesimo minuto per poco Borgato non fa ottenere il pareggio. Va per riprendere di testa a due metri dalla rete, ma la palla lo sfiora; Gianni è pronto a salvare in gioco pericoloso. I bianco-verdi volano ora; ma sono trattenuti da Gasperi. Belle azioni da ambo le parti. Due offside di Della Valle e uno di Degni. Al 16° minuto, primo corner contro l’Alba per un formidabile shoot di Perin. Gianni al 20° minuto para da due metri un forte tiro di Schrott. Fuga di Lo Prete. Niente. Una bella fuga di Perin e mischia sotto la rete bianco-verde. Al 29° minuto Lo Prete centra; Gianni para, ma la palla gli sfugge; la riprende mentre tre avversari non sono capaci di approfittare del buon momento. I rosso-bleu si riprendono. Al 35° minuto Della Valle passa a Muzzioli. Questi centra. Riprende Rubini ed a porta vuota segna. I romani non attendevano il goal, e si protendono all’attacco inutilmente. Il Bologna serra le fila. Arretra un po’ Baldi e Rubini e Della Valle hanno campo di mettere ancora a dura prova il valore di Zancanaro. Lo spostamento di Corbions non ottiene nulla. E la fine trova i rosso-bleu ancora minacciosi sotto la rete bianco-verde. Il pubblico plaude a vincitori e vinti.
23 agosto 1925, Finale, ritorno
Roma, Stadio Nazionale
ALBA ROMA-BOLOGNA 0-2
ALBA ROMA: Zancanaro, Mattei, Corbjons, Rovida, Berti, Delle Fratte, Lo Prete, Scioscia, Degni, Schrott, Ziroli. All.: Piselli.
BOLOGNA: Gianni, Gasperi, Borgato, Innocenti, Baldi, Martelli, Rubini, Perin, Della Valle, Schiavio, Muzzioli. All.: Felsner.
ARBITRO: Pinasco di Sestri Ponente.
MARCATORI: 25′ Della Valle, 80′ Rubini.
Vinto in modo schiacciante il girone B sulla Juventus, altrettanto netta la superiorità del Torino nell’altro raggruppamento, il 23 giugno al Littoriale la finale di andata incorona il Bologna senza scampo per i granata, con un perentorio 3-1. Una settimana dopo i rossoblù puntano alla difesa ad oltranza, capitolando però col fendente di Libonatti a metà ripresa che vale il definitivo 1-0 per la banda di Cargnelli. Si rende necessaria la “bella”, il 7 luglio a Roma al cospetto del Duce, in uno stadio stracolmo di appassionati rossoblù che hanno organizzato una serie di treni speciali per l’irripetibile occasione.
Il Bologna, che indossa la maglia verde, sguinzaglia il suo calcio tutto rapidità e spigoli, il Torino risponde colpo su colpo con manovre ricche di qualità: poi gli animi si infiammano e il gioco si fa duro, come testimoniato dal provvedimento dell’arbitro Carraro che espelle Pitto per un’entrataccia. Potrebbe essere la svolta del match, ma un durissimo contrasto fra Martelli e Janni, rimasti entrambi esanimi a terra, costringe l’arbitro a decretare altri due cartellini rossi: Felsner arretra giocoforza Busini in mediana, il Toro cerca di approfittare della superiorità numerica ma il capolavoro del Bologna lo compie Schiavio, che a otto minuti dalla fine si inventa una strepitosa azione personale mettendo Muzzioli in condizione di scaraventare in rete la palla del trionfo. C’è tempo anche per un ultimo brivido: mancano meno di due minuti, un traversone di Franzoni pesca Baloncieri in area, l’asso granata guizza fra Monzeglio e Gasperi ma il tiro finisce alto nel sollievo della parte bolognese. A Bologna la gente si riversa per strada all’annuncio che i colori rossoblù sono di nuovo sul tetto d’Italia.
7 luglio 1929, Finale, spareggio
Roma, Stadio del Partito Nazionale Fascista
BOLOGNA-TORINO 1-0
BOLOGNA: Gianni, Monzeglio, Gasperi, Genovesi, Baldi, Pitto, Martelli, Della Valle III, Schiavio, Busini III, Muzzioli. All.: Felsner.
TORINO: Bosia, Monti III, Martin II, Martin III, Colombari, Janni, Vezzani, Baloncieri, Libonatti, Rossetti II, Franzoni. All.: Cargnelli.
ARBITRO: Carraro di Padova.
MARCATORI: 82′ Muzzioli.
Lo scudetto numero tre, il primo della presidenza Dall’Ara. Il 10 maggio 1936, battendo al Littoriale 3-0 la Triestina, gli uomini di Weisz mantengono il punto di vantaggio sulla Roma e i due sul Torino, conquistando per la prima volta il titolo davanti al proprio pubblico.
La stagione si è aperta con il ritorno del “figliol prodigo” Fedullo insieme al nuovo e brillante centromediano da oltreoceano, il 23enne Andreolo, che fin dai primi approcci col pallone di casa nostra ha mostrato la stoffa del campione. Sebbene piccolo di statura, è stato insuperabile di testa grazie a tempismo ed elevazione, ma soprattutto ha sfoggiato un lancio lungo calibrato al punto da governare sempre, con una classe innata, la manovra dalle retrovie. A tutto va aggiunto un tiro poderoso su calcio da fermo.
La grande solidità del Bologna si è puntellata anche per le prestazioni dello straripante virgulto di casa, Dino Fiorini, che ha preso con disinvoltura stupefacente il posto di una colonna come Monzeglio, passato proprio alla Roma. La preparazione atletica all’avanguardia e la sapienza tattica di Weisz, un vero maestro, compiono il capolavoro di una squadra di appena 14 elementi, coriacea, dalla formidabile regolarità.
I rossoblù sono partiti col piede giusto dall’avvio, mai sconfitti fino a fine dicembre, poi in lotta, serrata ed avvincente, con le due torinesi e la Roma da gennaio a maggio ’36. Fatta fuori la Juventus al Littoriale alla 20° giornata, l’unico momento di flessione è avvenuto in marzo, quando uno 0-0 interno con la Sampierdarenese ha permesso al Torino di scavalcarci: è allora nello scontro diretto del 12 aprile che si è compiuto il controsorpasso, grazie ai gol di Reguzzoni e Maini, per riconquistare la vetta della classifica poi mantenuta fino alla fine.
Alla vigilia dell’ultimo turno la matematica permetterebbe addirittura un clamoroso arrivo a tre con Roma e Torino: è necessario allora, per fare festa, battere in casa la Triestina di Istvan Toth, avversario comunque ostico che all’andata ci ha costretti al pari. Il gran gol di Andreolo mette subito la strada in discesa dopo pochi minuti, il raddoppio di un letale Schiavio a inizio secondo tempo manda in estasi gli le decine di migliaia di tifosi rossoblù presenti allo stadio e la goffa autorete di Rocco a metà ripresa chiude definitivamente i giochi. E sette anni dopo il Bologna è nuovamente e con pieno merito Campione d’Italia.
La particolarità del campionato 1936/37 è lo straordinario contrasto fra le imprese in campo altrui e l’incertezza nei confronti casalinghi. Ad esempio, delle prime 7 partite fuori casa il Bologna ne vince 6 pareggiandone una, mentre delle prime 6 in casa ne vince solo una, ne pareggia 4 e si fa battere dal Torino. Dopo la vittoria di Alessandria il primo dispiacere fra le mura amiche lo dà il Bari, con un 2-2, e il protagonista barese è quel Violi che l’anno prima ha fatto saltuarie apparizioni rossoblù come riserva di Schiavio, che nel frattempo ha annunciato di non riuscire più a conciliare lavoro e attività sportiva ed è stato sostituito dal bizzarro centravanti livornese Busoni, acquistato dal Napoli.
Il cammino degli uomini di Weisz , che ha pescato Ceresoli per dare il cambio all’indistruttibile Gianni, prosegue con una vittoria sul campo dell’Ambrosiana, un pari a Lucca, altri successi a Genova, Napoli, Roma, Trieste e più avanti a Bari. A metà torneo, nella giornata in cui il Bologna concosce la sua seconda sconfitta sul terreno del Milan per un generoso rigore, è in testa la Lazio a 23 punti, seguita a 2 lunghezze da noi e a 3 dal Torino. Ma nel girone di ritorno i rossoblù riescono a farsi valere in alcune partite fondamentali, con l’Ambrosiana, col pari in casa Lazio frenando la striscia biancoceleste di 9 vittorie interne di fila, col meritorio 3-3 a Torino coi granata (nonostante le assenze di Ceresoli e Reguzzoni) e con gli 0-0 di Firenze e contro la Juventus.
In primavera la nostalgia del campo riporta Angiolino Schiavio ad allenarsi, per tornare poi in campo nel finale di stagione verso la prestigiosissima trasferta parigina. Il passo regolare, tenendo sempre a debita distanza tutti, permette al Bologna di aggiudicarsi il quarto scudetto della sua storia con 2 giornate di anticipo, il 2 maggio 1937: al Littoriale la Triestina è superata 2-0, grazie a un rapido gol di Reguzzoni che salta Geigerle e batte imparabilmente Umer in uscita, e al raddoppio verso la fine di Andreolo, nel tripudio di tutto lo stadio. Il Bologna, come dimostrerà autorevolmente poco dopo in Francia al Torneo dell’Esposizione, è certamente tra le corazzate più forti in circolazione nel continente.
2 maggio 1937, 28° giornata
Bologna, Stadio Littoriale
BOLOGNA-TRIESTINA 2-0
BOLOGNA: Ceresoli, Fiorini, Pagotto, Montesanto, Andreolo, Corsi, Biavati, Sansone, Busoni, Fedullo, Reguzzoni. All.: Weisz.
TRIESTINA: Umer, Geigerle, Loschi, Pasinati, Castello, Spanghero, Mian, Chizzo, Busidoni, Costa, Baldi. All.: Konrad.
ARBITRO: Moretti di Genova.
MARCATORI: 9′ Reguzzoni, 84′ Andreolo.
Weisz chiede un profondo rinnovamento in risposta alle difficoltà dell’ultima stagione, e le principali novità sono l’arrivo del mediano Aurelio Marchese da Sanremo e l’inserimento del ragazzone sempre allegro, atletico e dal ciuffo ribelle, da Montevideo: Bologna dà il benvenuto, e affida le sue speranze di aver trovato il grande centravanti, a Hector Puricelli Seña. Buoni auspici, se il nome viene pronunciato a dovere: Puricelli… segna. E così infatti accade: virtuosismo nel gioco aereo è dire poco, di quei 19 gol con cui vince subito la classifica cannonieri Ettore ne realizza 9 di testa, con maliziose girate sui traversoni pennellati di Biavati, fluttuando nell’aria una decisiva frazione di secondo in più di ogni difensore, con un tempismo micidiale. I rossoblù partono fortissimo, vincendo sul campo del Genova e poi col Bari a suon di gol. Poi probabilmente qualcosa trapela dell’angoscia che logora Arpad Weisz, perchè la squadra sbanda e ne perde male un paio: il 27 ottobre 1938 il grande allenatore esce di scena, in fuga per la Francia, da dove comincerà il lungo viaggio con la famiglia destinato a finire tragicamente in un campo di concentramento. Dall’Ara contatta il vecchio amico Hermann Felsner, ben disponibile a liberarsi dal Milano per tornare a respirare la nostra più familiare aria.
Il Liguria, protagonista di un exploit iniziale, è la lepre del torneo, il Bologna si getta all’inseguimento avviando una sensazionale serie di 19 partite utili, interrotta solo in aprile con un ko per 1-0 in casa della Juventus, con Puricelli assente e un misterioso e contestato gol in mischia…: a fine andata Sansone e compagni sono campioni d’inverno assieme ai genovesi, scrollatisi presto di dosso dopo un pareggio in Puglia. Avanti come un rullo compressore, vengono neutralizzati i tentativi di rimonta di Ambrosiana e Torino, e con l’ennesima prodezza del capocannoniere Puricelli il 30 aprile 1939, sul campo della Roma al Testaccio, il Bologna è Campione d’Italia per la quinta volta con due giornate di anticipo.
30 aprile 1939, 28° giornata
Roma, Campo Testaccio
ROMA-BOLOGNA 0-1
ROMA: Masetti, Asin, Gadaldi, De Grassi, Donati, Fusco, Borsetti, Serantoni, Michelini, Coscia, Alghisi. All.: Ara.
BOLOGNA: Ferrari, Pagotto, Ricci, Maini, Andreolo, Corsi, Biavati, Sansone, Puricelli, Fedullo, Reguzzoni. All.: Felsner.
ARBITRO: Barlassina di Novara.
MARCATORI: 47′ Puricelli.
La conquista del sesto titolo italiano, dopo la beffa finale dell’anno prima maturata all’ultima giornata, è datata 27 aprile 1941. Lo “squadrone” di Felsner resiste a un vistoso calo di condizione nel finale di stagione, difende il primato conquistato alla 6° di andata coi denti, rintuzza gli attacchi delle milanesi e con un turno d’anticipo, a Trieste, può fare festa: è sufficiente il pareggio senza gol allo stadio di Valmaura, perchè l’Ambrosiana cade per 2-0 col Torino e la Fiorentina perde 4-1 contro la Lazio. Il Bologna si aggiudica il suo sesto scudetto, il quarto in 6 stagioni, a conferma di un’aura di imbattibilità sancita dai numeri, 92 vittorie in 180 partite in quel periodo, con 287 gol fatti e solo 172 subiti. Soprattutto in casa i rossoblù sono impenetrabili: l’ultima sconfitta a domicilio è storia del ’38: è un vero ciclo vincente ed insuperabile.
Il capolavoro di Felsner si realizza soprattutto in attacco, alternando il vecchio drago Giovanni Ferrari, già 5 volte scudettato con Juve e Ambrosiana, all’instancabile Andreoli come partner di Sansone, e sposando la vena irresistibile di Biavati ai progressi tecnici di Puricelli, chirurgico di testa (12 gol su 22) ma sempre più abile anche rasoterra , ad assecondare la vena del saettante Reguzzoni, irrefrenabile demonio del gol. In difesa Pagottosi sdoppia, ora dando il cambio a Fiorini ora concedendo riposo al vecchio Maini, impiegato in mediana sulla destra, confermandosi a sinistra una sicurezza il puntuale Marchese.
La partenza dei rossoblù, nel clima vagamente irreale del Paese in guerra ma tenacemente aggrappato a una apparenza di normalità, è un po’ lenta, poi alla 6° il Bologna raggiunge la Fiorentina e assume il ritmo delle annate migliori. Juventus e Ambrosiana-Inter inseguono, i rossoblù al giro di boa sono campioni d’inverno con 2 punti sui nerazzurri e 4 sulle due torinesi, ma tra febbraio e marzo è lanciata la fuga. Andreolo esce di scena per infortunio, lo rimpiazza il più modesto Boniforti, quindi il 5-0 netto per il Bologna nello scontro diretto sull’Ambrosiana il 30 marzo in pratica chiude i conti.
27 aprile 1941, 29° giornata
Trieste, Stadio Littorio
TRIESTINA-BOLOGNA 0-0
TRIESTINA: Striuli, Simontacchi, Scapin, Salar, Rancilio, Grezar, Tosolini, De Filippis, Cergoli, Trevisan, Tagliasacchi. All.: Villini.
BOLOGNA: Vanz, Fiorini, Pagotto, Montesanto, Boniforti, Marchese, Biavati, Sansone, Sdraulig, Andreoli, Reguzzoni. All.: Felsner.
ARBITRO: Pizziolo di Firenze.
Era domenica, 7 giugno 1964 e il Bologna si giocava lo scudetto con l’Inter in uno spareggio in programma a Roma. Il direttore Giovanni Spadolini, pur essendo un alieno degli stadi (credeva che le partite si svolgessero in tre “atti”), aveva capito l’enorme valenza popolare dell’evento e aveva mobilitato le firme del Carlino. «Tu — mi aveva detto — fai la città».
E così alle 17 in punto, mentre cominciava la radiocronaca (non tele), ingranai la marcia e cominciai a pattugliare lentamente il centro di Bologna. La città era vuota, letteralmente, senza un’anima. Troppo facile il paragone con certi film di fantascienza dove l’obbiettivo carrella lento su strade intatte ma senza vita, su finestre aperte e deserte, e nel silenzio, si ode solo un ronzio che non si capisce bene cosa rappresenti, ma è certamente di sicuro effetto.
Anche a Bologna, nel silenzio e nel vuoto delle strade, udivo questo strano ronzio metallico: erano decine di migliaia di radio accese nei soggiorni, nei bar, nelle cantine dove faceva più fresco. Non vedevo la gente ma la immaginavo, tutti riuniti, parenti, amici, condomini perchè insieme era più facile affrontare quei novanta minuti di angoscia. Parola impegnativa ma non ne trovavo altre: non era più soltanto un campionato che si concludeva, ma una vicenda terribile e assurda, perché in questo gioco della domenica si erano concentrati sentimenti, drammi, dolori, persino la morte (di un anziano sulle gradinate), che normalmente riguardano altri più essenziali aspetti della nostra esistenza.
Desideravo, al di là del tifo, che vincesse il Bologna perché era stato ingiustamente accusato di doping. Poi la verità aveva trionfato e quindi era logico aspettarsi un finale da “arrivano i nostri”. Per questo tutti stavano incollati alla radio, anche quelli che, quando il cronista urlava Suarez entra in area, avevano un tuffo al cuore e poi mormoravano fra sé: di chi sarà questo Suarez, del Bologna o dell’Inter?
Se nello psicodramma collettivo i rossoblù erano i “buoni”, i nerazzurri proprio cattivi non erano. Ma poco simpatici pure. Tanti ricordavano infatti che, quando l’Inter era andata a Vienna, aveva snobbato l’albergo che era stato di Onassis e di Soraya, perché non abbastanza all’altezza. E, durante la conferenza stampa ai cronisti austriaci, i camerieri, invece di servire tartine e Martini, offrivano orologi e altri omaggi costosi. E i dirigenti dichiaravano ai giornalisti: «Se vinciamo venite con noi a Rio De Janeiro, paghiamo tutto noi». E i bolognesi commentavano: «Miliardari lo saranno, ma signori proprio no».
Passarono lentamente i primi quarantacinque minuti. Mi fermai su un viale e mi sedetti su una panchina. Nell’intervallo finestre e balconi si popolarono di uomini in canottiera e donne in sottoveste. Scuotevano la testa e scambiavano due parole, o stavano muti con i gomiti sul davanzale. Dopo un quarto d’ora, tutti sparirono come a un colpo di fischietto. La radio ricominciò a parlare di azioni, di linea laterale del campo, di goal mancati per un soffio. Sulla voce della radiocronaca, ognuno ricominciò a costruirsi il suo filmato personale, forse più emozionante di una telecronaca.
Ad un tratto accadde qualcosa di indescrivibile. Un urlo disumano, che non si era mai udito perché siamo abituati ai boati degli stadi, non a quello di una città. Non era il Bologna che aveva fatto goal, era una vicenda che cominciava a chiudersi come doveva: la favola con dentro tutti gli ingredienti che dicevo, Davide e Golia, la calunnia e la verità, l’innocenza che trionfa. Dopo qualche minuto, un altro mostruoso rimbombo (per il fischio di chiusura) e, quasi istantaneamente, si rovesciò per le strade una vera umanità, giovanissima e veneranda, sciccosa e plebea, bella e brutta. Guardavo le mille facce e mi sorpresi a pensare che ognuna di esse con le sue corde vocali avesse messo insieme quell’urlo surreale.
In pochi minuti nelle strade non ci si muoveva più e constatai con sgomento che bisognava risalire alla fine della guerra, cioè a ben altro evento, per trovare uno spettacolo simile. Ma poi pensai che anche le cose più modeste diventano rispettabili se riescono a suscitare una gioia così grande e così vera. Era giusto che ci fossero giorni anche per queste bandiere, queste lacrime, queste candide emozioni. Scesi dall’auto e abbracciai un signore.
“L’urlo della città”, di Luca Goldoni
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23 maggio 1974, Finale
Roma, Stadio Olimpico
BOLOGNA-PALERMO 1-1 (5-4 dcr)
Al giro di boa del campionato il Bologna è undicesimo e Fabbri concentra opportunamente gli sforzi sulla Coppa Italia, di cui i suoi hanno vinto il gironcino estivo a punteggio pieno, con le corregionali Reggiana, Cesena e Modena. Nei Quarti di Finale a gennaio contro la Juventus escono due nulla di fatto: lo spareggio per il passaggio del turno, sul neutro di Como, viene deciso da una zampata dell’inossidabile Perani a poco dal termine.
La particolare formula della stagione 1969/70 prevede quindi il trofeo in palio in un girone conclusivo a quattro, con gare di andata e ritorno. Si gioca quando la Nazionale si trova già in Messico per i Mondiali, e il Bologna – che per la prima volta nella storia non ha nessuno fra gli azzurri a causa di una autolesionistica rinuncia a Bulgarelli – mette in fila Cagliari e Varese giocandosi la Coppa in un bel testa a testa con il Torino di Pulici, avversario al Comunale all’ultimo turno. Due risultati su tre a disposizione per i granata, ai rossoblù invece serve solo la vittoria: e vittoria è, grazie alla straordinaria doppietta di Savoldi nel primo tempo che permette il sorpasso in testa alla classifica. Chiudendo a 9 punti totali il Bologna vince la sua prima Coppa Italia il 10 giugno 1970, il primo trofeo in bacheca dopo lo scudetto del ’64.
Coppa Italia, girone finale, 6° giornata
Bologna, Stadio Comunale
BOLOGNA-TORINO 2-0
BOLOGNA: Adani, Roversi, Ardizzon, Cresci, Janich, Turra, Perani, Bulgarelli, Pace, Scala, Savoldi. All.: Fabbri.
TORINO: Sattolo, Lombardo, Fossati, Depetrini, Bolchi (55′ Pavone), Agroppi, Carelli, Ferrini, Sala, Moschino, Pulici. All.: Cadè.
ARBITRO: D’Agostini di Roma.
MARCATORI: 30′ Savoldi, 40′ Savoldi.
La prima conquista internazionale del dopoguerra: il 4 aprile del ’62 il Bologna di Bernardini si aggiudica al Comunale la nuova Mitropa, discendente della vecchia e tanto cara Coppa Europa Centrale. Dopo essersi sbarazzato in sequenza nell’estate precedente della Sampdoria a Genova, dello Stalingrad in Jugoslavia, dell’Austria in casa (ultima di Allasio) e aver superato nel doppio confronto di semifinale il Kladno a novembre ’61, la finale di andata con i biancazzurri cecoslovacchi dello Slovan Nitra si è conclusa 2-2 in trasferta alle pendici del Monte Zobor, con reti di Nielsen su rigore e Perani. In un tardo pomeriggio uggioso di un mercoledì di inizio primavera, i rossoblù mettono in bacheca il trofeo al termine di un match senza storia, tornando al successo fuori dai confini nazionali che mancava dal Torneo dell’Esposizione di Parigi del 1937.
Pace, che è stato di eccezionale mobilità e bravura per tutto l’arco della gara, dannandosi anche in fase difensiva si infiltra velocemente in attacco. Resiste molto bene a due marcature all’inglese e spara forte appena dentro l’area: un difensore intercetta, mettendo fuori causa il portiere, il pallone perviene di nuovo a Savoldi, che questa volta al volo infila. Gli inglesi, cocciuti, ripartono a testa alta, e ottengono il pareggio 2′ dopo: c’è un’azione sulla sinistra da parte di Hill che crossa una volta giunto a fondo campo, un pallone difficile, ma che ormai è conquistato da Vavassori prontissimo nella uscita. Purtroppo la presa del forte portiere, sbilanciato da un paio di cariche di due avversari, si allenta, e il pallone gli sfugge di mano quel tanto per cui Heslop può toccare infilando da due metri. Il pareggio dà nuova combattività sia agli inglesi che agli italiani i quali, ormai, hanno capito di potercela fare a conquistare la Coppa… E infatti la manovra del Bologna si fa molto più precisa ed elegante, e soprattutto proiettata un po’ più lontano dall’area di rigore. Al 38′ c’è un nuovo episodio emozionante: una incursione sulla sinistra di Lee sbilancia un po’ la difesa bolognese: il centravanti inglese serve Hill e si proietta al centro: tre uomini caricano il portiere Vavassori e il pallone, toccato dallo stesso Lee, entra in rete: ma Angonese, decisissimo, annullava.
“Un’impresa straordinaria” commentò Fabbri ai cronisti dopo la premiazione, negli applausi sportivi dell’intero stadio. “Una conquista che fa onore a noi e a tutto il calcio italiano. Quello che più mi ha fatto piacere è che i miei giocatori non siano mai caduti nelle provocazioni avversarie, nè si siano fatti irretire da un tifo incessante”.
23 settembre 1970, Finale, ritorno
La delusione per il repentino addio di Baggio è temperata dall’incalzare di una nuova stagione che impone, fin dagli albori, ritmi incessanti e partite ufficiali. L’ottavo posto in campionato ha dato diritto al Bologna di partecipare alla Coppa Intertoto, competizione internazionale estiva che assegna, contestualmente al trofeo, un’ulteriore qualificazione alla Uefa che parte a settembre: si comincia però prestissimo, a metà luglio, entrando in gara al terzo turno ad eliminazione diretta della manifestazione.
Mentre il Presidente Gazzoni conduce un’altra suggestiva trattativa per vestire di rossoblù Beppe Signori, con l’intento di ripercorrere il proficuo cammino ottenuto con Baggio un anno prima, i rossoblù di Mazzone nonostante una tenuta fisica ancora lontana dal top, iniziano superando l’ostacolo National Bucarest, con un soffertissimo secondo tempo in Romania giocato in inferiorità numerica per il rosso a Marocchi. L’avversario della semifinale, ai primi di agosto, è la Sampdoria di Spalletti, che coi gol dell’ex Palmieri dà molto filo da torcere al Bologna: benedetta una rete di Kolyvanov al 90′ al Dall’Ara nella gara di andata – dopo una memorabile rovesciata di Paramatti sotto la Curva -, a Marassi si soffre ancora ma si difende il risicato vantaggio approdando alla finale della Coppa, che oppone ai rossoblù i tenaci polacchi del Ruch Chorzow.
Nel frattempo Beppe Signori ha completato il suo programma fisico personalizzato e si unisce per la doppia finale alla truppa di Mazzone: una punizione vincente ancora di Kolyvanov all’andata premia il Bologna, che bissa il successo anche nel match di ritorno a Chorzow grazie a una gara di grande sostanza tenendo sempre in mano il gioco con Ingesson, Magoni e Cappioli sugli scudi. Un penalty del russo sblocca a metà ripresa e il primo sigillo bolognese di Beppegol in contropiede chiude i conti all’ultimo minuto. 28 anni dopo la Coppa di Lega Italo-Inglese, i rossoblù conquistano di nuovo un titolo europeo, il 25 agosto 1998.
25 agosto 1998, Finale, ritorno
Chorzow, Stadion Ruchu
RUCH CHORZOW-BOLOGNA 0-2
RUCH CHORZOW: Lech, Nawrocki, Wlecialowski, Bartos, Molek, Kwieczinski, Pietruszka (70′ Jikie), Mizia, Surma, Srutwa (83′ Gorawski), Bizacki (83′ Siemianowski). All.: Lenczyk.
BOLOGNA: Antonioli, Boselli, Paganin, Mangone, Magoni, Ingesson, Cappioli (73′ Rinaldi), Paramatti, Nervo (83′ Eriberto), Kolyvanov, Fontolan (72′ Signori). All.: Mazzone.
ARBITRO: Colombo (Francia)
MARCATORI: 60′ rig. Kolyvanov, 89′ Signori.